Anna Stepanovna Politkovskaya, una vita per la verità

La storia della giornalista russo-statunitense Anna Stepanovna Politkovskaja (Анна Степановна Политковская) inizia nella New York del 1958, figlia di due diplomatici ucraini, funzionari sovietici presso le Nazioni Unite. Morì nella sua altra patria, l’ormai Federazione Russa, nel 2006, nell’ascensore del palazzo dove viveva. Cinque colpi di pistola, uno di questi alla testa.

Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano“. Queste le sue parole solo pochi mesi prima del suo assassinio, forse lo sapeva, magari contava i giorni, d’altronde non poteva essere lunga la vita di chi denuncia nero su bianco l’operato del governo russo e dei suoi Presidenti, tra cui, Vladimir Putin. Sarebbe un torto enorme ricordarla solo per la cruenta morte, a poco più di 15 anni da quel giorno (7 ottobre 2006) c’è la necessità di toccare con mano la vita di Anna. A 22 anni, la giovane Politkovskaya si laureò in giornalismo all’Università di Mosca e iniziò subito a scrivere. Giornalista per Izvestija, Obščaja Gazeta e collaboratrice di diverse radio e canali televisivi indipendenti, fu quando iniziò a scrivere per la Novaja Gazeta che la sua vita prese una piega diversa, ma non sorprendente. Tra le pagine di quel giornale indipendente trova lo spazio per poter criticare il governo russo e le sue politiche, in particolare, quelle adottate in Cecenia, dove si recò numerose volte per documentare i massacri di civili per mano dell’esercito russo.

Iniziano, quindi, le minacce di morte e nel 2004, proprio su un volo per la Repubblica cecena, accusò un grave malore che costrinse l’aereo a tornare indietro. La giornalista raccontò di un tentativo di avvelenamento, ma non poté mai dimostrarlo. Perché questa attenzione per la Cecenia? La storia di questo Stato è esemplificativa dell’atteggiamento della Russia post-sovietica. Dichiaratasi indipendente nel 1991 in seguito al collasso dell’URSS, fu per anni dilaniata dalla guerra contro la Madre Russia, la quale, per non rinunciare alla produzione petrolifera presente nel territorio e al controllo dei gasdotti e oleodotti che passavano all’interno dei confini ceceni, non accettò mai la sua indipendenza né tentò trattative in merito. Come precedentemente riportato, Anna Politkovskaya fu spesso presente in Cecenia per poter riportare gli orrori della guerra e difendere i diritti umani con l’unica arma che aveva a disposizione, la denuncia. In più episodi descrisse gli atti orribili dell’esercito russo non solo contro gli indipendentisti (terroristi), ma anche contro i civili, coinvolti in numerose operazioni dei soldati, i quali in più occasioni non fecero distinzione tra chi era lì per combatterli e chi, invece, era solo vittima di entrambe le parti. La giornalista russo-statunitense tentò a più riprese di far comprendere ai suoi connazionali che la popolazione cecena era russa tanto quanto un cittadino moscovita, intervistando ed entrando in contatto con civili, militari e politici di entrambe le fazioni.

Ad ogni sopruso del governo, ad ogni violazione dei diritti umani, la Politkovskaya fu sempre in prima linea per raccontare, per lasciare testimonianza dei delitti di cui si macchiò la politica russa degli ultimi decenni del secolo scorso e dei primi anni 2000 fino a quando non le fu strappata via la libertà di parola in quel non poi così lontano 2006. I suoi nemici erano tanti, molti giovarono dalla sua morte, ma non fu mai individuato un colpevole. Il giorno del quindicesimo anniversario dell’assassinio di Anna Politkovskaya, il 7 ottobre 2021, è scattata la prescrizione. Infatti, secondo l’articolo 78 del Codice penale, trascorsi 15 anni dal compimento di un delitto particolarmente grave, decade la responsabilità penale, significa che il o i responsabili non saranno mai puniti per aver strappato alla Russia e al mondo intero una delle voci più incisive e vere dell’epoca post-sovietica. Proprio la Novaja Gazeta, che per tanti anni è stata lo strumento delle denunce della Politkovskaya, in questi giorni la ringrazia nello stile di Anna, denunciando l’accaduto. “Il comitato di redazione di Novaja Gazeta intende chiedere la ripresa delle indagini sull’omicidio della Politkovskaya e la rivelazione del nome del mandante” – afferma la testata giornalistica. “Nell’arco della mia esistenza voglio riuscire a vivere una vita da essere umano in cui ogni individuo sia rispettato” confessava la giornalista, la strada per quel momento è ancora lunga e probabilmente nessuno di noi vivrà abbastanza per provarlo, ma possiamo inseguire quello stesso sogno non dimenticando la penna della Politkovskaya.

di Beatrice Cimaroli